Napoli
cittá dai mille colori, odori e sapori, cittá unica, magica.
La sua cucina ha antichissime radici storiche che
risalgono al periodo greco-romano, e si è arricchita nei secoli con l'influsso
delle differenti culture che si sono susseguite durante le varie dominazioni
della città e del territorio circostante. Importantissimo peró è stato
l'apporto della fantasia e creatività della sua gente. A seguito delle varie
dominazioni, principalmente quella francese e quella spagnola, si è delineata
la separazione tra una cucina aristocratica ed una popolare. La prima,
caratterizzata da piatti elaborati e di ispirazione internazionale, sostanziosi
e preparati con ingredienti ricchi, come i timballi o il sartù di riso, mentre
la seconda legata ad ingredienti della terra: cereali, legumi, verdure, come la
popolarissima pasta e ceci. A seguito delle rielaborazioni avvenute durante i
secoli, e della contaminazione con la cultura culinaria più nobile, la cucina
napoletana possiede ora una gamma vastissima di pietanze, tra le quali spesso
anche quelle preparate con gli ingredienti più semplici risultano estremamente
raffinate.
La pasta
Esiste una grande varietà di pasta napoletana.
Nella cucina locale è molto più diffusa la pasta di semola di grano duro, di
produzione industriale. La produzione su larga scala della pasta nel napoletano
risale almeno al XVI secolo, quando a Gragnano si trovarono le condizioni
ideali per essiccarla e conservarla. A Napoli sono considerati molto importanti
anche i tempi di cottura della pasta, che deve essere ben "al dente",
in particolare se deve essere successivamente mantecata in padella. Tra le
varietà più diffuse vi sono, oltre a quelle più classiche, come spaghetti,
linguine e bucatini, anche i formati tipici locali, come i paccheri e gli ziti,
che tradizionalmente vengono spezzati a mano, prima di essere cotti e conditi
con il ragù. Per la preparazione di pasta con i legumi viene usata anche la pasta
mista (pasta ammescata), una volta venduta a prezzo più basso perché
risultante dai rimasugli spezzati degli altri formati, ma oggi venduta come un
formato a sé stante. Da non trascurare sono gli gnocchi, preparati con farina e
patate. Vi sono anche formati meno tradizionali, ma oggi molto diffusi, tra i
quali gli scialatielli.
Due piatti tipici della cucina napoletana sono la parmigiana
di melanzane, preparata con fette di melanzane fritte e disposte a
strati con salsa di pomodoro, fiordilatte e basilico e cotte al forno e il gattò di patate, pasticcio di
patate macinate mescolate con salumi e formaggi, cotto a forno. Interessante è
che il gattò fu inventato in occasione delle nozze della regina Maria Carolina,
figlia di Maria Teresa Lorena-Asburgo moglie di Ferdinando I Borbone, nel 1768.
Tra i prodotti più tipici vanno ricordati i friarielli,
la scarola liscia o riccia, diverse varietà di broccoli, la verza, le verdure
da minestra e le puntarelle. Diffusissimi sono tutti i tipi di legumi.
Le zucchine sono ampiamente utilizzate; le più grandi vanno preparate a
scapece, fritte e condite con l'aceto e la menta. I fiori maschili delle
zucchine vengono preparati fritti in pastella. I germogli raccolti dalle piante
di zucchine in tarda estate, dopo la fase di produzione, vengono chiamati talli,
e sono ingredienti di ottime zuppe oppure vanno soffritti in padella. Oltre ai
normali peperoni di grosse dimensioni, rossi e gialli, tipici sono i
peperoncini verdi dolci, che si preparano fritti. I carciofi più pregiati
sono le cosiddette mammarelle, grandi, tondeggianti e con le estremità
delle foglie violacee. Sono ideali per essere gustate semplicemente lesse con
un pinzimonio di olio extravergine di oliva e sale.
Pesce
Tutto il pesce del Tirreno è abbondantemente
presente nella cucina napoletana. Molto apprezzati sono anche i pesci meno
pregiati e più economici, tra i quali soprattutto le alici ed il pesce azzurro
in generale. Ottimo è il pesce per la zuppa: scorfani, tracine, cuocci,
così come pesci di media e grande taglia, tra i quali spigole e orate. Molto
diffusi sono anche i pesci di piccolissimo taglio: i cicenielli,
novellame di pesce azzurro, piccolissimi e trasparenti, cotti lessi o fritti
con la pastella che sono appunto una delle prelibatezze di mare della cucina
napoletana.
Il pane
Scomparso oramai il pane "marsigliese",
un pane delicato fatto con lievito di birra e di forma particolare (due panetti
attaccati), il pane più utilizzato è il "pane cafone",
cresciuto a lievitazione naturale, cotto a legna in diverse forme. Sono anche
diffusi gli sfilatini, rimembranze delle baguette francesi, ma più corti
e un po' più larghi, le rosette, piccoli panini tondi e infine la fresella,
ovvero un biscotto di pane croccante tondo e sottile da condire con olio,
olive, pomodori e altro.
Primi piatti
La varietà dei primi piatti nella cucina
napoletana è molto vasta e comprende sia piatti molto semplici, come pasta al
pomodoro e basilico o il semplicissimo aglio e uoglio (aglio e olio),
fino a preparazioni elaborate, tra le quali il ragù che può richiedere, nella
versione più tradizionale, cinque o sei ore di preparazione. I primi piatti si
rifanno a più tradizioni complementari che spesso si mescolano e influenzano a
vicenda: quella di una cucina poverissima, basata principalmente su ingredienti
della terra, una cucina popolare tradizionale, ricca di frutti di mare e pesce,
alimenti dal costo contenuto, vista la pescosità del mare di Napoli, e, infine,
una cucina legata alla parte più agiata della città, costituita da carne di
ogni genere, uova e latticini, in preparazioni talvolta elaborate.
Gli spaghetti aglio, olio e peperoncino sono
una delle più semplici ricette napoletane.
La cucina più povera abbina spesso la pasta con i
legumi. Popolarissime sono: pasta e fagioli (pasta e fasule),
conditi con le cotiche, pasta e ceci, pasta e lenticchie,
e pasta e piselli. In maniera analoga ai legumi sono preparate pasta
e patate, pasta e cavolfiore, pasta e zucca.
Il metodo di cottura della cucina più popolare consiste nel far cuocere prima i
condimenti (ad esempio, soffriggere l'aglio nell'olio, quindi aggiungere i
fagioli lessati, oppure soffriggere la cipolla ed il sedano ed aggiungere le
patate tagliate a cubetti), quindi allungare con l'acqua, portare ad
ebollizione, salare, ed aggiungere la pasta cruda. La pasta, cuocendo insieme
ai condimenti, conserverà l'amido, che invece viene perso se la pasta viene
cotta a parte e poi scolata. Questo procedimento rende il sugo della pasta più
cremoso ("azzeccato"), ed è contrapposto ad una tradizione più
"nobile" che preferisce preparare questi piatti in maniera più brodosa,
aggiungendo alla fine la pasta cotta a parte. Per un primo piatto povero ma più
nutriente, la pasta può essere semplicemente condita con uovo alla
stracciatella e formaggio, la cosiddetta pasta caso e ova.
Un’altra ricetta tipica della
cucina napoletana è la frittata di maccheroni
che si può preparare anche con avanzi di pasta, sia in bianco che conditi col
sugo di pomodoro. Si mescola la pasta cotta al dente con uovo battuto e
formaggio. Può essere arricchita con svariati ingredienti. Alcune moderne riedizioni
la vogliono farcita con ingriedienti quali prosciutto cotto, mozzarella o
provola fresca. Tradizionalmente cotta in padella, c'è chi usa oggi cuocerla al
forno per renderla meno grassa. Se ben preparata risulta compatta, e può essere
anche tagliata a fette per essere consumata durante gite fuori porta o in
spiaggia.Della frittata di maccheroni esiste anche una versione più piccola,
chiamata appunto frittatina, preparata con besciamella, carne macinata,
piselli e mozzarella e poi fritta in pastella.
La pizza Margherita
La pizza è forse il prodotto della cucina italiana
più celebre nel mondo. Le sue radici sono antichissime, sicuramente risalenti
almeno all'epoca romana, quando erano diffuse diverse focacce di grano, citate
in alcune opere di Virgilio. Il nome, infatti, probabilmente deriva dal latino pins,
participio passato del verbo pinsere, che significa schiacciare. La
pizza vera e propria, ricoperta di salsa di pomodoro, risale a poco più di due
secoli fa, e fu presto popolarissima sia presso i napoletani più poveri e che
presso i nobili, compreso i re Borbone. Il successo della pizza conquistò anche
i re piemontesi, tanto è vero che proprio alla regina Margherita di Savoia nel
1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò la "pizza Margherita" che
rappresentava il nuovo vessillo tricolore con il bianco della mozzarella, il
rosso del pomodoro ed il verde del basilico. Tuttavia, quella che oggi è
chiamata pizza Margherita in realtà era già preparata prima della dedica alla
regina Savoia. Francesco De Bouchard già nel 1866 ci riporta la
descrizione dei principali tipi di pizza, ossia quelli che oggi prendono nome
di marinara, margherita e calzone: “ Le pizze più
ordinarie, dette coll'aglio e l'oglio, han per condimento l'olio, e sopra vi si
sparge, oltre il sale, l'origano e spicchi d'aglio trinciati minutamente. Altre
sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e allora vi si
pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del
pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di muzzarella. Talora si fa uso
di prosciutto affettato, di pomidoro, di arselle, ec. Talora ripiegando la
pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone. »( Francesco de Bourcard, Usi e costumi di Napoli, Vol. II,
pag. 124).
Il casatiello, o tòrtano è il rustico tipico del periodo di Pasqua, consumato anche il giorno di
pasquetta durante le gite fuori porta. Oggi i due nomi si usano spesso come
sinonimi, ed indicano un rustico ricco di un'imbottitura di formaggi ed
insaccati. Nelle versioni originali tòrtano e casatiello erano più semplici,
quest'ultimo si distingueva dal primo perché caratterizzato dalla presenza di
uova nell'impasto, mentre il primo era ripieno di cicoli:
« Nella sua prima semplicità popolare [il casatiello] non è altro che
un pane di forma circolare, come un grosso ciambellone, in cui si conficcano
delle uova, anche uno solo, secondo la dimensione del pane, e queste uova, con
tutto il guscio, sono fermate al loro posto da due strisce di pasta in croce.
La pasta è la solita pasta del pane, ma intriso con lardo e strutto. Cotto al
forno, le uova vi divengono sode. »
La tradizione culinaria napoletana annovera
una grande varietà di dolci. Tra i dolci principali, sono da ricordare i
seguenti:
La sfogliatella, frolla o riccia, ideata nel Settecento nel monastero di Santa Rosa situato nei
pressi di Amalfi, il cui ripieno contiene una crema di ricotta, semolino,
cannella, vaniglia e cedro e scorzette di arancia candite. Tra le varianti che
si trovano oggi vi è la Santa Rosa, più grande e completata da crema ed
amarene, la frolla perché fatta appunto con pasta frolla, e le code
d'arargosta, ripiene di una pasta bignè e farcite con vari tipi di crema.
Da ricordare inoltre la secolare battaglia tra i sostenitori della riccia
e della frolla che da tempi ormai immemori si contendono il titolo di
autentica sfogliatella.
Le zeppole di San Giuseppe, fritte o
al forno, sono ciambelle ricoperte di crema e di amarene.
La pastiera, del
periodo di Pasqua, è un dolce tipicamente realizzato a casa, più che in
pasticceria. Tra gli ingredienti vi è il grano, che a Napoli viene venduto già
lessato e pronto per l'uso. L'uso di questo ingrediente potrebbe essere legato
ai culti della fecondità di epoca greco-romana. Gli struffoli
natalizi, dolce tipico fatto da molte palline piccole e fritte, condite con
miele. Questo dolce ha probabili origini greche.La torta caprese, a base di mandorle
e cioccolato è tra i dolci preferiti per i pranzi e le cene che celebrano
matrimoni ed altri eventi importanti.
Vini
La tradizione vinicola italiana annovera molti
vini campani di qualità che si abbinano bene alla cucina locale. Tra i bianchi
vi sono il Greco di Tufo, la Falanghina, il Fiano di Avellino, l'Asprinio di
Aversa, mentre tra i rossi il Taurasi in primo luogo, nonché l'Aglianico, il
Piedirosso o pere 'e palummo, il Solopaca, il Lacryma Christi del
Vesuvio. Quest'ultimo si produce sia bianco che rosso. Tre vini campani hanno
la denominazione DOCG, tutti prodotti nella provincia di Avellino: il Taurasi,
rosso, anche nella versione riserva, il Fiano di Avellino, bianco, e il Greco di Tufo, bianco, anche nella
tipologia spumante
Infine una menzione speciale va fatta per il
caffè napoletano. Al termine di un pranzo o di una cena non può mancare una
tazzulella 'e cafè, che talvolta viene servito al tavolo del ristorante,
ma più spesso si va a prendere al bar. Tra i caffè più celebri di Napoli vi è
sicuramente lo storico Caffè Gambrinus, in piazza Trieste e Trento. Gran parte
dei Napoletani ritiene che il caffè partenopeo sia unico e ineguagliabile per
aroma e densità. Molte leggende metropolitane cercano di avvalorare
quest'affermazione in base a vari motivi, che vanno dall'acqua del Serino, al
tipo di miscela, alla calibrazione della macchina, o, più semplicemente,
all'abilità dei baristi napoletani. Anche se ultimamente la moka ha ormai
rimpiazzato la caffettiera napoletana in gran parte delle famiglie napoletane
non si puó dimenticare la famosissima cuccumella e a questo proposito
e’d’obbligo una citazione del napoletano per eccellenza Eduardo:
« Sul becco io ci metto
questo "coppitello" di carta... il fumo denso del primo caffè che
scorre, che è poi il più carico non si disperde. Come pure ... prima di colare
l'acqua, che bisogna farla bollire per tre quattro minuti, per lo meno ...
nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo
cucchiaino di polvere appena macinata ... in modo che, nel momento della
colata, l'acqua in pieno calore già si aromatizza per conto suo ».(Eduardo nel film Questi
fantasmi). ( Fonte Wikipedia)
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