Lo scorso mercoledí
6 novembre all’EYE Instituut di Amsterdam è andato in premiere La Grande
Bellezza il nuovo film di Paolo Sorrentino. Presentato in anteprima al
Festival di Cannes di quest'anno questo film ha segnato il grande ritorno
dell'autore a una produzione italiana. La pellicola, accolta da lunghi
applausi, ma anche contestata dalla stampa francese, ha l'ambizione o la
presunzione, di dire qualcosa di significativo sullo stato attuale dell’Italia,
sopratutto sulla sua decadenza. Molti hanno implicitamente fatto un paragone
tra questo film e La dolce vita
e 8½ di Fellini vedendo in tutte queste pellicole
il tentativo di far rivivere la magia felliniana di una Roma
contesa fra l’eterno della bellezza e l’effimero grottesco degli uomini.
La Grande
Bellezza di Sorrentino ha diviso pubblico e critica, ricevendo consensi e
critiche. Il regista
si misura con un soggetto molto complesso cercando di raccontare il vuoto di
valori dell’Italia contemporanea e in particolare di un ambiente alto borghese
romano frequentato da personaggi in cerca di affermazione, ma costantemente
incapaci di sottrarsi al fuoco fatuo della mondanità.
Il personaggio principale, interpretato da Toni Servillo, è
Jep
Gambardella, un giornalista con aspirazioni di scrittore naufragate
in un unico tentativo letterario di molti anni prima. A Roma diventa il
protagonista della mondanità, perdendosi in un labirinto di umanità incompiute
e false che anestetizzano la propria desolazione attraverso uno stile di vita
senza pensiero e senza scopo. Molti gli chiedono
perché non abbia più pubblicato romanzi e nel corso del film la risposta prende
corpo: il tentativo di trovare la grande bellezza della vita, il significato
più elevato dell’esperienza, è fallito nel vortice immobile di una società che
divora ogni senso profondo temendo che da esso possa derivare un doloroso
confronto con il vuoto dell’immagine. Il romanzo pubblicato ormai una vita fa,
fa attraversare al sessantenne giornalista viveur, mondano di professione una
esistenza con lo sguardo di chi ha visto tutto, stanco e cinico. In questo film
per Paolo Sorrentino,
più che la storia sembrano contare le suggestioni fatte di immagini.
In questa
corruzione fisica e morale fanno da contrasto degli scorci mozzafiato di una
Roma notturna e segreta, o soleggiata e monumentale, la visione di una suora
intenta a raccogliere arance, il sorriso di una ragazzina, un incontro
imprevisto con una donna di classe o la scoperta dell'esistenza di "due
brave persone". Sono le piccole
epifanie che bilanciano l'inerzia con cui va avanti Jep in un mondo che
prolifera sulle proprie rovine, in cui le velleità artistiche nascondono
incapacità e mancanza di talento.
Purtroppo in
questo film è presente una ridondanza dicontenuto, che si protrae in assenza di
un’autentica trama e piuttosto si affida a una sequela a volte estenuante di
frammenti sempre uguali, riempiti da individui che replicano se stessi nel
compimento di azioni patetiche, bizzarre, amorali.
(fonte internet spettacoli blogosfere)
Nessun commento:
Posta un commento