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venerdì 23 agosto 2013

Nei cinema olandesi: ‘Io sono Li’ di Andrea Segre

Dallo scorso 18 di luglio nei cinema olandesi viene proiettato un film italiano del 2011 intitolato Io sono Li, del regista veneziano Andrea Segre. Dopo essere stato presentato nel 2011 alle Giornate degli Autori della 68ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e aver ottenuto 3 riconoscimenti, il film ha vinto numerosi premi tra cui una menzione speciale dalla giuria del 8° Reykjavík International Film Festival del 2011, nel novembre 2011 il Premio Eurimages al Festival del Cinema Europeo di Siviglia. Nel 2012 al Bif&st di Bari vince il Premio Franco Cristaldi per il miglior film e il Premio Giuseppe Rotunno per il miglior direttore della fotografia. Nello stesso anno vince l’Arco d’oro quale miglior film all’Est Film Festival di Montefiascone La trama: Shun Li è un'immigrata cinese che lavora a Roma in una fabbrica tessile facendo molto più del necessario per pagare il suo debito e far venire suo figlio, rimasto in Cina, in Italia. Per questo viene trasferita a Chioggia per fare la barista in un'osteria frequentata soprattutto da vecchi pescatori. Qui sorgono alcuni problemi, primo fra tutti la lingua. Fortunatamente Shun Li farà amicizia con un vecchio pescatore chiamato “il Poeta Bepi” (per la sua facilità a comporre poesie al momento), jugoslavo immigrato in Italia da ormai 30 anni. Tra Shun Li e il pescatore Bepi nasce piano una relazione che però è malvista da tutti, sia italiani che cinesi. Per evitare che influisca negativamente sulla possibilità che arrivi il figlio, Shun Li decide di interrompere l’amicizia con Bepi e va a lavorare in una fabbrica import-export. Un giorno però molto prima del previsto arriva suo figlio dalla Cina con grande gioia per la madre, che però si chiede chi abbia pagato il suo debito. Il pensiero di Shun Li va subito al suo amico di Chioggia e cerca di informarsi, ma un’amara sorpresa la attende. E’ un film che tratta un argomento di grande attualità in Italia come quello dell’immigrazione cinese. Una storia realistica e insieme metaforica per parlare del rapporto tra uomo e identità culturale, in un mondo che sempre più tende a creare occasioni di contaminazione e di crisi d’identità. Il film si svolge a Chioggia, piccola cittadina della laguna veneta con una grande identità sociale e territoriale, che è lo spazio perfetto per raccontare questo processo difficile. L’idea di questo film è nata nel regista dal ricordo di un suo incontro con una donna cinese vista anni prima in una tipica osteria veneta, frequentata dai lavoratori del luogo da generazioni. Il ricordo di quel viso di donna così estraneo e straniero in quei luoghi chiusi e abitudinari non lo aveva più lasciato. Tante volte si era immaginato il passato di quella donna com’era la sua vita prima, e soprattutto si chiedeva quale genere di rapporti avrebbe potuto instaurare in una regione come il Veneto, così poco abituata ai cambiamenti. Il film è triste e a volte duro per le tematiche raccontate. Belli gli scorci della laguna veneziana e purtroppo drammaticamente realistiche le immagini della cittadina invasa dall’acqua alta e più in la a far da sfondo fra la laguna e le Alpi innevate, l’inquietante presenza delle ciminiere di Marghera. La lingua quasi del tutto incomprensibile divisa fra il cinese e il dialetto chioggiotto che solo un nativo può comprendere senza aiuto di sottotitoli. Un film da e per riflettere.

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